L’intervento di Nadia Sansone, Direttore del Master “TASK – Tecnologie per l’apprendimento di conoscenze e lo sviluppo di competenze” presso l’università Unitelma Sapienza di Roma, introduce la prospettiva dell’apporto offerto dalle tecnologie educative digitali nel confronto avviato in questa sezione della piattaforma a seguito della reintroduzione dei giudizi descrittivi nella scuola primaria.
Attività, strumenti e interazione coi pari costituiscano i cardini attorno cui far ruotare l’organizzazione di ambienti didattici ricchi e complessi, in grado di sostenere un apprendimento situato e significativo, in cui fare esperienza di vita reale. Perché questo sia possibile, il ruolo del docente non può più essere quello di mero depositario di un sapere precostituito da trasmettere e di cui verificare la pedissequa appropriazione da parte dei suoi allievi; il docente diventa la guida e il promotore di una pedagogia basata sul fare e collaborare, nonché il garante di quella qualità dell’esperienza didattica che sola può connettere il mondo educativo col mondo extra-scolastico.
Una didattica basata su ambienti di apprendimento complessi, in cui gli studenti sono chiamati a collaborare per costruire prodotti e conoscenza, attraverso strumenti e attività concrete, richiede in primo luogo una progettazione solida e sapiente. È evidente, infatti, che per tenere debitamente in considerazione un apprendimento di questo tipo, è necessario prestare particolare cura alla progettazione didattica, in modo di armonizzare strategie, tecniche e attività, scegliendo quanto è appropriato per ciascun obiettivo. Di estrema delicatezza, poi, è l’integrazione delle tecnologie nell’ambiente di apprendimento. Non è, infatti, sufficiente prevedere l’uso di un qualsivoglia strumento tecnologico per raggiungere questi obiettivi e garantire il successo della formazione. Da cui l’importanza di accrescere le conoscenze sulla progettazione educativa e, in genere, promuovere una cultura progettuale a partire dal confronto di progetti efficacemente realizzati in una varietà di contesti.
D’altro canto, una volta progettata l’attività e implementata nel contesto reale, è altrettanto importante verificarne gli esiti in termini di raggiungimento degli obiettivi di apprendimento prefissati. Si tratta, cioè, di osservare quanto il disegno progettuale e le teorie di riferimento siano stati utili ed efficaci, una volta “entrate” in aula. Solo in questo modo è possibile contribuire ad un avanzamento reale delle pratiche educative, aldilà del senso comune, delle mode del momento o delle percezioni individuali che, spesso, guidano la scelta di questa o quella strategia. Se, d’altro canto, il modello adottato prevede un tipo di apprendimento inteso come sviluppo identitario, e non solo di conoscenze, attraverso la partecipazione a comunità di pratiche, mediate dagli strumenti, il metodo valutativo dovrà tener conto delle complesse dinamiche sottostanti e osservare, più che il risultato, i processi di costruzione della conoscenza e partecipazione sociale messi in atto a livello individuale e di gruppo. In quest’ottica, i sistemi classici di valutazione – prova orale, test, elaborato scritto – non sono sufficienti, in quanto mirano prevalentemente a verificare le conoscenze acquisite e, come tali, non permettono di riflettere e far emergere quei processi. A tal fine, è necessario adottare forme di osservazione e monitoraggio – più che di valutazione – e poi usarle in itinere, in modo che gli studenti possano cogliere i processi psico-sociali e le strategie di apprendimento messe in campo mentre costruiscono conoscenza.

Si tratta, in definitiva, di passare da una valutazione sommativa a una formativa, utilizzando più strumenti di valutazione in momenti diversi del percorso formativo. Questo tipo di valutazione permette di coinvolgere attivamente gli studenti, considerare e potenziare numerose abilità e competenze, valorizzare sia i processi che i prodotti dell’apprendimento. La valutazione diventa, cioè, contestuale e multi-dimensionale, nonché parte stessa del processo di apprendimento, piuttosto che momento separato; infatti, se la valutazione viene inserita all’interno del percorso formativo, piuttosto che alla fine, essa chiama in causa gli studenti, spingendoli a riflettere sul proprio percorso e su come apprendono: il feedback offerto in itinere permette sia di riconoscere la validità di quanto fatto fino a quel momento, sia di sviluppare competenze metacognitive, utili a riorganizzare le proprie conoscenze. Per sostenere l’insegnante in questo processo valutativo complesso, è utile servirsi di strumenti che presentino un certo grado di standardizzazione, come le rubriche valutative o protocolli di valutazione creati ad hoc.
Accanto alla valutazione eterogena, del resto, gli ambienti di apprendimento ispirati all’approccio socio-costruttivista qui richiamato, sollecitano auto-valutazione e valutazione reciproca. Questo tipo di processi, infatti, sostengono in modo fruttuoso competenze e processi richiamati dal socio-costruttivismo, quali l’auto-regolazione e, in genere, la presa di responsabilità rispetto al proprio processo di apprendimento. Un valido esempio è offerto dal peer-feedback sui prodotti costruiti dagli studenti, individualmente o in gruppo: un elaborato, una presentazione power point, una mappa concettuale, un disegno, un modellino. Realizzata la prima bozza del proprio prodotto, gli studenti sono chiamati a valutarsi reciprocamente, non attraverso una mera attribuzione di punteggi che andrebbe a inibire, o quanto meno, distorcere le potenzialità della revisione tra pari, quanto come esito di un processo di riflessione critica che si conclude con la definizione di un feedback costruttivo che gli studenti sono invitati a offrirsi, al fine di migliorare le versioni intermedie o bozze preliminari degli oggetti da costruire.
Queste attività godono ormai di una lunga tradizione di implementazione e utilizzo efficace all’interno dei percorsi di apprendimento, soprattutto se inserite all’interno di una solida e ancorata progettazione didattica, capace di favorire un clima di reale collaborazione e innovazione. Gli studenti, infatti, sono poco abituati ad offrire commenti costruttivi e vivono in modo scomodo e forzato la richiesta di commentare il lavoro altrui; proprio per questo, simili attività richiedono modellamenti e guide precise, all’interno di una cornice che permetta di viverle quali momenti che potenziano i risultati e che valorizzano il lavoro svolto, piuttosto che come “caccia all’errore”. Ruoli, griglie, esempi, reciprocità, sono tutte strategie che si possono utilizzare per far sì che il compito di valutare il proprio e l’altrui lavoro sia vissuto in modo positivo e, soprattutto, svolto in modo efficace, permettendo a chi formula il feedback di sperimentare alcune competenze critiche e a chi le riceve di trarne vantaggio.
Un altro esempio di attività a supporto della valutazione formativa è il Learning diary, diario dell’apprendimento, particolarmente utili quando il programma viene suddiviso in fasi temporali in cui è possibile seguire l’evoluzione del proprio percorso. Alla fine di ogni fase o modulo, tutti gli studenti possono essere invitati chiamati a compilare il proprio diario dell’apprendimento guidati da un template fornito dal docente. Il template prevede una serie di stimoli guida identici per modulo, utili a tracciare l’evoluzione delle informazioni inserite. Gli stimoli sono pensati col duplice obiettivo di sollecitare le competenze auto-critiche dello studente e fornire indirettamente al docente informazioni sulle attività e i contenuti affrontati, come mostrato in figura:

Gli stimoli guidano l’attenzione degli studenti su:
a) l’acquisizione di nuove competenze, conoscenze e atteggiamenti,
b) argomenti non compresi,
c) azioni personali e del gruppo,
d) il contributo personale più significativo al modulo appena concluso.
Si tratta, nel complesso, di stimoli che mirano a favorire la più ampia sollecitazione di competenze di auto-regolazione e riflessione meta-cognitiva, supportando nel contempo la capacità degli studenti di saper riconoscere e valorizzare i propri risultati. Inoltre, la consapevolezza delle proprie zone di sviluppo attuali e prossimali favorisce la creazione del senso di agency, in quanto promuove quell’autonomia che permette di affrancarsi gradualmente dalla valutazione e dal supporto dell’esperto, divenendo capaci di rivedere le proprie strategie in base ai propri obiettivi.
Nei casi citati ovviamente le tecnologie possono supportare efficacemente il cambio di paradigma didattico-valutativo da un modello trasmissivo ad un partecipativo, per diversi motivi. L’uso di determinati ambienti online di lavoro e interazione:
a) rende immediatamente visibili e facilmente accessibili sia i risultati dell’apprendimento individuale e di gruppo, sia le dinamiche interattive e partecipative messe in atto all’interno dell’ambiente digitale;
b) consente molteplici funzioni di commento e feedback in tempo reale, sia da parte del docente che tra gli studenti;
c) favorisce l’autonomia degli studenti nel ripercorrere agevolmente il proprio percorso a ritroso, riflettendo sui cambiamenti intercorsi.